Il diabete mellito è una malattia che porta ad un'aterosclerosi accelerata. Lo stesso comportano valori di colesterolo LDL elevati.
Si considerano diabetici soggetti con glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl, postprandiale ≥ 200 mg/dl o con una Hb glicata > 6 %. Il range di normalità del colesterolo è invece variabile e dipende dalla categoria di rischio del paziente: maggiore è il rischio cardiovascolare, più bassi sono i valori colesterolo LDL normali.
La coesistenza di entrambe le condizioni di iperglicemia e ipercolesterolemia aumenta in modo esponenziale la progressione dell' aterosclerosi. Tanto più lunga è stata l'esposizione nel tempo e tanto maggiori sono i valori di glicemia e colesterolo, tanto più grave e precoce sarà la malattia aterosclerotica.
E' proprio per questo motivo che i valori di colesterolo a cui tendere nei pazienti diabetici devono essere decisamente più bassi rispetto a quelli della popolazione non diabetica.
Da anni è nota la familiarità come fattore di rischio per l’insorgenza del diabete mellito di tipo 2. Lo stesso vale per alcune forme di dislipidemia (ipercolesterolemia familiare e dislipidemia mista). Per motivi geneticamente determinati fin dalla nascita il paziente produce molto più colesterolo rispetto alla popolazione normale, andando incontro ad un’aterosclerosi precoce.
In questi casi i valori di colesterolo sono talmente elevati che i comuni farmaci anti colesterolo - quali statine ed ezetimibe - non sono sufficienti a normalizzarne il livello. Grazie a terapie d’avanguardia come evolocumab e alirocumab che vanno ad inibire la proteina PCSK9 promuovendo la rimozione del colesterolo LDL dal circolo, si riescono ad ottenere riduzioni fino al 60 % del valore basale.
Se la terapia viene iniziata precocemente si possono evitare o limitare le complicanze della malattia aterosclerotica, quali infarto miocardico, ictus e vasculopatia arteriosa.
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